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A M. N. dopo aver indossato un golf bianco tessuto da lei

(2° strofe asclepiadea)

 

Tra le diafane trame di porpora,

o tra i cerulei pepli dell’Ellade,

m’appari assidua. E l’occhio vigile

contemplo mentre volgesi

 

alla man rosea, che in un continuo

volger di subiti moti s’inebria,

che un filo niveo tesse, volgendolo

in un disegno armonico.

 

Ma nel silenzio, mentre il tuo rapido

lavoro svolgesi, che pensi languida?

se il melanconico sguardo dolcissimo

lontano guarda e spazia?…

 

pensi alla fervida età che placida

s’eclissa? o immagini tenui e recondite,

quel volto pallido rendon nostalgico?

o qual tormento t’agita?…

 

Vergine eterea sembri all’attonito

mio sguardo, limpida anima, simbolo

d’una melodica onda che tenue,

e pura e mite effondesi.

 

Quanti mirarono me che del pario

nitor d’un morbido pallio copriami!

Oh! allora un tenero senso blandivami

per te di gratitudine!

 

L’estro che il fulgido carme di Pallade

spirava al jonio cigno, propizio

il nume delfico, m’agita fievole,

né so in una vivida

 

luce poetica, in una immagine

ardente, l’umile canto mio porgere…

Tu dolce, amabile, fine, raccoglilo

col riso tuo benevolo.

 

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